Dopo Honda anche Yamaha guarda ai compressori centrifughi elettrici per potenziare i suoi motori. Ennesima conferma di quanto le corse contribuscano allo sviluppo e alla crescita tecnologica dell’intero comparto automotociclistico

Usati e messi a punto nell’ambito di quella che sicuramente è l’espressione più avanzata del racing automobilistico, la Formula 1, i compressori centrifughi azionati per via elettrica apparvero lo scorso anno nel settore delle due ruote grazie al prototipo “3V” di Honda equipaggiato con un tre cilindri a “V”, due frontali e uno posteriore, raffreddati a liquido e sovralimentati proprio mediante un compressore centrifugo azionato elettricamente. Rispetto ai compressori centrifughi operanti per via meccanica e a quelli azionati dai gas di scarico, la soluzione elettrica risulta vincente in quanto slega il regime di lavoro del gruppo da quello del motore permettendo strategie di sovralimentazione dedicate e funzionali ai singoli stati operativi del motore.
Limitato inoltre il surriscaldamento dell’aria a quello indotto dalla compressione, cosa che permette di minimizzare le dimensioni di un eventuale intercooler, e quasi annullati i cosiddetti turbo-lag, i ritardi di risposta del compressore alle richieste di potenza avanzate dal pilota. A conferma, la dichiarazione Honda secondo la quale il compressore di “3V” entrerebbe a regime in meno di mezzo secondo. Tanti in definitiva i vantaggi offerti dalla nuova soluzione che proprio per questo approderebbe ora anche in Yamaha, almeno stando a un brevetto recentemente depositato dalla Casa.
Il progetto sembra riferito a un motore serie “Cp3”, tre cilindri in linea caratterizzati da una disposizione dei pistoni a 120 gradi, ma non si addentra in descrizioni tecniche concentrandosi piuttosto sull’integrazione del sistema di sovralimentazione sul veicolo con particolare attenzione alle prese d’aria e ai collettori di alimentazione.

La soluzione Yamaha differisce inoltre da quella Honda in maniera sostanziale in quanto il compressore resterebbe di tipo tradizionale, quindi azionato dai gas di scarico del motore, ma sarebbe asservito da un motore elettrico che ne abbatte i ritardi di risposta alle aperture dell’acceleratore.
Così concepito, il sistema risulta quindi in grado di operare full time, a differenza di quello Honda che invece non prevede un funzionamento continuativo del turbo in quanto visto quale booster che interviene solo se necessario, quando il driver decide di accelerare con decisione o quando è necessario dar luogo a una coppia ai bassi e ai medi regimi più corposa di quella che il motore realizzerebbe se fosse un semplice aspirato.
Da ricordare che Yamaha non è nuova alle sovralimentazioni in quanto negli Anni 80 presentò il modello “XJ 650 Turbo”, foriera di 90 cavalli erogati a nove mila girio, nel 2019 parlò di un bicilindrico in linea turbo e nel 2020 presentò un brevetto per un tre cilindri sovralimentato di cui però non si seppe poi più nulla. Sarà il tempo a dire se anche il recente brevetto farà la stessa fine o si concretizzerà almeno a livello prototipale.